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2 consigli per gestire l’aggressivita’ del malato di alzheimer

Ho pensato di offrirvi un contributo che possa essere concreto per i familiari, dei suggerimenti su come gestire alcune criticità che rendono difficile vivere quotidianamente l’assistenza al proprio caro con deterioramento cognitivo.

Quando il malato ha degli atteggiamenti e delle reazioni difficili da gestire si parla di DISTURBI COMPORTAMENTALI.

Questa malattia colpisce il cervello e quindi tutte quelle che sono le abilità cognitive e mentali delle persone che ne sono affette. Parliamo quindi di disturbi della memoria, della concentrazione, del linguaggio, dell’orientamento spaziale e temporale e così via. Avendo problemi cognitivi i malati avranno delle ricadute a livello funzionale, ossia non riusciranno più a svolgere determinate azioni perché vengono a mancare le direttive dalla centrale operativa, il cervello!

Le conseguenze a livello comportamentale di questi deficit sono quelle che rendono più difficile la gestione del malato da parte del suo familiare perché portano a situazioni in cui non solo non si riconosce più la persona che ci è accanto da una vita, ma in cui non si sa come reagire di fronte a certi atti oppure come cavarsela in tempi rapidi in momenti di criticità.

I disturbi del comportamento, quando sono importanti e soprattutto continuativi, comportano maggiormente l’utilizzo di farmaci (ad es. gli antipsicotici, gli ansiolitici o gli antidepressivi) e l’istituzionalizzazione del malato.

Ma aggiungerei che sono anche quelli che influiscono negativamente sul benessere del caregiver (ossia di colui che si occupa del malato) e a volte anche sulla sua salute, fisica e mentale.

Uno dei disturbi più difficili da gestire è l’AGGRESSIVITA’, non sempre presente, anche se in realtà quando si parla di aggressività si parla anche di agitazione, irrequietezza, nervosismo, estendendo quindi la sua diffusione.

Perché una persona con decadimento cognitivo può essere aggressiva?

L’aggressività non è un tratto specifico della malattia, ma è una conseguenza delle incapacità e delle situazioni di difficoltà che la malattia comporta.

Il malato non riesce a fare delle cose, non riesce ad esprimere i suoi bisogni e a farsi capire, viene spesso contraddetto, escluso, corretto e di conseguenza si innervosisce, si agita, spesso reagisce aggredendo l’interlocutore, o verbalmente o fisicamente. Oppure ha deliri (es. “qualcuno mi ruba i soldi o vuole farmi del male”, “questa non è casa mia”, “mi tradisci”….), allucinazioni (vede qualcosa o qualcuno che lo spaventa), ha dei “mancati riconoscimenti” (es. non riconosce i propri cari e li allontana), prova ansia, paura…

La sua aggressività è un meccanismo di difesa a qualcosa che vive come minaccioso.

Nella maggior parte dei casi l’aggressività è causata dall’ambiente circostante (es. rumori, scarsa illuminazione, troppi stimoli), o dall’approccio dei curanti (es. aspettative elevate, fretta, imposizioni o al contrario limitazioni), o dalle sue difficoltà di comunicare e di farsi capire.

Da ciò si può ricavare che si possono mettere in atto strategie per evitare questa forte reazione del paziente intervenendo sull’ambiente e quindi semplificandolo e rendendolo più rassicurante(ad es. durante l’igiene, che spesso è un’attività che mette in agitazione il malato, si può prevedere di rendere più confortevole il bagno magari con una stufetta che riscalda, della musica dolce o degli oli profumati) e soprattutto con un approccio adeguato (sempre in riferimento all’igiene accompagnando le azioni con una descrizione e parole rassicuranti, tono della voce calmo, magari cantando insieme o con delle musica di sottofondo).

Nel momento in cui ci accorgiamo che una situazione fa scattare la reazione aggressiva del malato, occorre valutare quali circostante e antecedenti hanno potuto scatenarla e cercare di evitare in futuro la ripetizione di questi schemi disfunzionali, oltre a tentare strategie risolutive che al contrario hanno funzionato, da utilizzare nuovamente in situazioni simili.

Ricordiamoci che i comportamenti “bizzarri” del malato sono tali per noi, ma per loro hanno un significato ben preciso.

Ambiti d'intervento

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Dott.ssa Katia Stoico
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Ordine degli Psicologi della Lombardia n. 6996
Laurea in Psicologia Clinica e di Comunità

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